Se vi piace l’adrenalina pura dei film d’azione e non vi disturba un po’ di horror, allora l’ultimo kolossal hollywoodiano potrebbe essere quello che fa per voi. Parliamo naturalmente di World War Z, blockbuster da duecento milioni di dollari firmato Marc Forster in cui Brad Pitt – protagonista assoluto nonché produttore del film – nei panni di un ispettore alla ricerca di una cura per un terribile morbo che trasforma gli esseri umani in belve assetate di sangue in una manciata di secondi.
Zombie, dunque? Ebbene sì, anche se, a dire il vero, queste bestie assassine sono molto lontane da quelle immaginate da Romero ne L’alba dei morti viventi. Questi sono zombie veloci e scattanti come centometristi, schiumanti di rabbia e si muovono come uno sciame di predatori. Lo spettacolo non manca, a partire da sequenze digitali di massa che coinvolgono migliaia e migliaia di zombie creati al computer intenti a travolgere città, piovere su masse di uomini indifesi precipitando la civiltà nel caos.
Tanti i riferimenti, cinefili e non: Romero, naturalmente, ma anche i film di Danny Boyle (28 giorni dopo) e Zack Snyder (il remake de L’alba dei morti viventi) e soprattutto Contagion, uno dei film più riusciti di Steven Soderbergh. Ma a farla da padrone sembra essere la cultura del videogioco: dalla serie videoludica The Walking Dead a Half-Life, World War Z è una miscela pop di mille ingredienti diversi. Un cocktail non del tutto riuscito a dire il vero e con alcune brutte cadute di stile (l’episodio israeliano e l’apologia della “sindrome del muro” sono francamente ributtanti), ma l’opera di Forster è comunque efficace e coinvolgente. Ambizioni eccessive a parte, il film regala qualche momento memorabile nelle sequenze più puramente horror e nelle grandi panoramiche cittadine: la civiltà umana si disintegra, come per magia, sotto gli occhi dello spettatore.